mercoledì 23 luglio 2008

La ricerca del centro come nostalgia indoeuropea per Julio Cortàzar


Non voglio scrivere di Rocamadour, almeno per oggi, avrei tanto bisogno di avvicinarmi meglio a me stesso, lasciar cadere tutto quanto mi separa dal centro. Finisco sempre coll’alludere al centro senza la minima garanzia di sapere quel che dico, cedo al facile tranello della geometria con cui si pretende di far ordine alla nostra vita di occidentali: Asse, centro, ragion d’essere, Omphalos, nomi della nostalgia indoeuropea. Anche questa esistenza che qualche volta cerco di descrivere, questa Parigi dove mi muovo come una foglia secca, non sarebbero visibili se dietro non palpitasse l’angoscia assiale, il rincontro con il fusto. Quante parole, quante nomenclature per uno stesso scompiglio. A volte mi convinco che la stupidità si chiama triangolo, che otto per otto è la follia o un cane.

Da Julio Cortàzar, Il gioco del mondo

giovedì 17 luglio 2008

Una bellissima dichiarazione d'amore: grazie a Ingeborg Bachmann (e a Marc Chagall)


Perché lui è venuto a rendere di nuovo le consonanti solide e palpabili, per aprire di nuovo le vocali perché risultino piene, per farmi tornare le parole sulle labbra, per ristabilire i primi rapporti distrutti e redimere i problemi, e così non mi allontanerò uno iota da lui, disporrò l’una sull’altra le nostre iniziali identiche, squillanti, con cui firmiamo i nostri biglietti, le scriverò una sopra l’altra, e dopo l’unione dei nostri nomi potremo incominciare con queste prime parole a rendere ancora onore a questo mondo, perché esso debba augurarsi di farsi ancora onore.


da Ingeborg Bachmann, Malina

mercoledì 16 luglio 2008

Bianca&Zelig: due brevi considerazioni su Bianca di n.moretti e Zelig di w.allen


Questi due film hanno fatto parte dell’onorevolissimo cineclub per masochisti da me inaugurato insieme a d. e m. nel 2003 dal titolo “LOVE ?!?” e in questo momento caduto in disgrazia… (per d.: come dicevi tu sabato da vanessa beecroft [c’è un post in cantiere anche per lei, n.d.r.] dobbiamo assolutamente riprendere; ti ricordo che in ballottaggio ci sono fellini e “Tutti gli uomini del presidente”…credo che massimo avrà dimenticato che questi film sono suoi...dato che è passato almeno un anno dal prestito…).
Per quanto riguarda il primo: beh, come fa il paranoico e lo psicopatico n.moretti non lo fa nessuno, ma non è questo il bello del film. E' interessante come il protagonista decida di sottrarsi all'amore per Bianca per evitare di soffrire poi, eventualmente, alla fine della storia. E' inquietante come lui viva la sua storia d'amore non con la spensieratezza e l'euforia degli inizi, bensì con la pesantezza e il disincanto della fine...tanto e comunque finirà, e male. Eppure l'amore diventa la misura del suo comportamento che, portato all'estremo, diventa omicida: chi non ama non merita di vivere. E allora uccide gli altri così come, in fondo, uccide se stesso scegliendo di non amare.
Su Zelig: sì, è vero c'è tutta la metafora del nazismo, il film dichiaratamente più politico di woody a., etc., ma soltanto questo? un po' scontato a tutta prima. Forse c'è dell'altro...a un certo punto Leonard Zelig afferma che ha deciso di essere un "camaleonte" perché voleva farsi amare, perché essere come gli altri era per lui garanzia di accettazione. Ma gli altri, in questo modo, lo vedevano soltanto come un essere mostruoso, perché Zelig non era cinese, né francese, né nero, né un attore, né un aviatore, e non lo doveva né essere né diventare per essere amato.
Non è inquietante che molte persone, pur di farsi amare, snaturino la propria personalità conformandosii a quella degli altri? Penso che laddove c'è nascondimento non ci può essere amore in nessuna delle sue forme. Dunque Zelig torna ad essere un everyman (e cioè quello che è realmente) soltanto nel momento in cui libera davvero nella dimensione della coscienza il suo amore per Eudora, trattenuto fino ad allora nel limbo dell'inconscio.


e.l.c.

martedì 15 luglio 2008

Omaggio a Michael Stipe: Sing for the submarine

SING FOR THE SUBMARINE
It feels in dreams
That everything is there for you
The city breathes and pulses
It's for you electron blue


I knew that you could see right through it
So this is where I give in to the machine
Lift up your voice feel gravity's pull
Drown out the siren's ring (or silent dream)


Oh... It's all here where I keep it
It's all in the submarine
It's all a lot less frightening
Than you would have had it be
But that's the good news my darling
It is what it's going to be
So sing, sing for the submarine


I tried to explain how it all begins
How it’s all destroyed and built again

I knew that you could not believe me
But now you're here and it's different
How the light shines in your eyes
In every second or situ
It's then that I realized
That the world as we know it
The High speed train
We'll pick it all up and start again

It's all here where I keep it
It's all in the submarine
It's all a lot less frightening
Than you would have had it be
But that's the good news my darling
It is what it's going to be
So sing, sing for the submarine
The city did not collapse in a shudder
The rain it never came
At least my confessions made you laugh
I know it's a little crazed
But these dreams...
They seem so real to me


It's all here where I keep it
It's all in the submarine
It's all a lot less frightening
Than you would have had it be
But that's the good news my darling
It is what it's going to be
So sing, sing for the submarine


So this is where you trust me
And this where it begins
It's all a lot less frightening
Your tear you let it in
Tyrel and his mechanical owl
A moth disguised as a leaf...
Don't tell me what tomorrow brings
Climb into the hidden machine and
Sing sing sing sing sing sing
Sing sing for the submarine

(dall’album Accelerate 2008)


Il sito dei R.E.M. è http://www.remhq.com/, ma su youtube si trova...

venerdì 11 luglio 2008

Il flusso continuo della vita secondo Wislawa Szymborska


Nulla due volte


Nulla due volte accade
né accadrà. Per tal ragione
nasciamo senza esperienza
moriamo senza assuefazione.

Anche agli alunni più ottusi
della scuola del pianeta
di ripeter non è dato
le stagioni del passato.

Non c’è giorno che ritorni
non due notti uguali uguali,
né due baci somiglianti,
né due sguardi tali e quali.

Ieri, quando il tuo nome
qualcuno ha pronunciato,
mi è parso che una rosa
sbocciasse sul selciato.

Oggi, che stiamo insieme,
hai rivolto gli occhi altrove.
Una rosa? Ma cos’è?
Forse pietra? O forse fiore?

Perché tu, ora malvagia,
dai paura e incertezza?
Ci sei - perciò devi passare.
Passerai – e in ciò sta la bellezza.

Cercheremo un’armonia
sorridenti fra le braccia,
anche se siamo diversi
come due gocce d’acqua.

Wislawa Szymborska, da Vista con granello di sabbia

mercoledì 9 luglio 2008

Il gatto fantasma sive quo vadis?




Carlo, ti torturerò finché non risponderai (oralmente o meno) al quesito del momento… e tu sai bene qual è.

Ho messo sul blog la foto del gatto meta—fisico perché tu possa esprimerti in tal senso. E’ chiaro che quando l’ho fotografato, la mia preoccupazione esclusiva era quella di riuscire a trattenere il gatto all’interno dell’inquadratura. Ma fra l’idea della cosa e la cosa in sé c’è sempre una divergenza (in questo senso per me la fotografia è un’arte tipicamente romantica …creatrice di illusioni… converrai che qui non è il caso di citare Gustave F. e la sua Emma B., semmai Ugo F. e il suo Jacopo O.).
Non è forse il gatto fantasma una prova della differenza fra ideale e reale?...o tra ideale e l’immagine del reale (le cose si complicano…)? che il gatto meta-fisico sia la versione felina del superuomo nietzschiano?
Quell’evanescente esserino peloso, d’altra parte, sembra snobbare il mondo che lo circonda, zampettando con una certa eleganza verso il sole del crepuscolo.
E.

Io amo coloro che non sanno vivere se non tramontando, poiché essi sono una transizione […]Io amo colui l'anima del quale trabocca da fargli dimenticare se stesso, e tutte le cose sono dentro di lui: tutte le cose divengono così il suo tramonto. Io amo colui che è di spirito libero e di libero cuore: il suo cervello, in tal modo, non è altro che le viscere del cuore, ma il suo cuore lo spinge a tramontare. Io amo tutti coloro che sono come gocce grevi, cadenti una a una dall'oscura nube incombente sugli uomini: essi preannunciano il fulmine e come messaggeri periscono. Ecco, io sono un messaggero del fulmine e una goccia greve cadente dalla nube: ma il fulmine si chiama superuomo.

Friedrich Nietzsche, Così parlò Zarathustra

lunedì 7 luglio 2008

La casa di Asterione: omaggio a Jorge Luis Borges




“La casa di Asterione”


So che mi accusano di superbia, e forse di misantropia, o di pazzia. Tali accuse (che punirò al momento giusto) sono ridicole. E vero che non esco di casa, ma è anche vero che le porte (il cui numero è infinito)1 restano aperte giorno e notte agli uomini e agli animali. Entri chi vuole. Non troverà qui lussi donneschi ne’ la splendida pompa dei palazzi, ma la quiete e la solitudine. E troverà una casa come non ce n’è altre sulla faccia della terra. (Mente chi afferma che in Egitto ce n’è una simile.) Perfino i miei calunniatori ammettono che nella casa non c’è un solo mobile. Un’altra menzogna ridicola è che io, Asterione, sia un prigioniero. Dovrò ripetere che non c’è una porta chiusa, e aggiungere che non c’è una sola serratura? D’altronde, una volta al calare del sole percorsi le strade; e se prima di notte tornai, fu per il timore che m’infondevano i volti della folla, volti scoloriti e spianati, come una mano aperta. Il sole era già tramontato, ma il pianto accorato d’un bambino e le rozze preghiere del gregge dissero che mi avevano riconosciuto. La gente pregava, fuggiva, si prosternava; alcuni si arrampicavano sullo stilobate del tempio delle Fiaccole, altri ammucchiavano pietre. Qualcuno, credo, cercò rifugio nel mare. Non per nulla mia madre fu una regina; non posso confondermi col volgo, anche se la mia modestia lo vuole.
La verità è che sono unico. Non m’interessa ciò che un uomo può trasmettere ad altri uomini; come il filosofo, penso che nulla può essere comunicato attraverso l’arte della scrittura. Le fastidiose e volgari minuzie non hanno ricetto nel mio spirito, che è atto solo al grande; non ho mai potuto ricordare la differenza che distingue una lettera dall’altra. Un’impazienza generosa non ha consentito che imparassi a leggere. A volte me ne dolgo, perché le notti e i giorni sono lunghi.
Certo, non mi mancano distrazioni. Come il montone che s’avventa, corro pei corridoi di pietra fino a cadere al suolo in preda alla vertigine. Mi acquatto all’ombra di una cisterna e all’angolo d’un corridoio e giuoco a rimpiattino. Ci sono terrazze dalle quali mi lascio cadere, finché resto insanguinato. In qualunque momento posso giocare a fare l’addormentato, con gli occhi chiusi e il respiro pesante (a volte m’addormento davvero; a volte, quando riapro gli occhi, il colore del giorno è cambiato).Ma, fra tanti giuochi, preferisco quello di un altro Asterione. Immagino ch’egli venga a farmi visita e che io gli mostri la casa. Con grandi inchini, gli dico: “Adesso torniamo all’angolo di prima,” o: “Adesso sbocchiamo in un altro cortile,” o: “Lo dicevo io che ti sarebbe piaciuto il canale dell’acqua,” oppure: “Ora ti faccio vedere una cisterna che s’è riempita di sabbia,” o anche: “Vedrai come si biforca la cantina.” A volte mi sbaglio, e ci mettiamo a ridere entrambi.
Ma non ho soltanto immaginato giuochi; ho anche meditato sulla casa. Tutte le parti della casa si ripetono, qualunque luogo di essa e un altro luogo. Non ci sono una cisterna, un cortile, una fontana, una stalla; sono infinite le stalle, le fontane, i cortili, le cisterne. La casa è grande come il mondo. Tuttavia, a forza di percorrere cortili con una cisterna e polverosi corridoi di pietra grigia, raggiunsi la strada e vidi il tempio delle Fiaccole e il mare. Non compresi, finché una visione notturna mi rivelò che anche i mari e i templi sono infiniti. Tutto esiste molte volte, infinite volte; soltanto due cose al mondo sembrano esistere una sola volta: in alto, l’intricato sole; in basso, Asterione. Forse fui io a creare le stelle e il sole e questa enorme casa, ma non me ne ricordo.
Ogni nove anni entrano nella casa nove uomini, perché io li liberi da ogni male. Odo i loro passi o la loro voce in fondo ai corridoi di pietra e corro lietamente incontro ad essi. La cerimonia dura pochi minuti. Cadono uno dopo l’altro; senza che io mi mac-chi le mani di sangue. Dove sono caduti restano, e i cadaveri aiutano a distinguere un corridoio dagli altri. Ignoro chi siano, ma so che uno di essi profetizzò, sul punto di morire, che un giorno sarebbe giunto il mio redentore. Da allora la solitudine non mi duole, perché so che il mio redentore vive e un giorno sorgerà dalla polvere. Se il mio udito potesse percepire tutti i rumori del mondo, io sentirei i suoi passi. Mi portasse a un luogo con meno corridoi e meno porte! Come sarà il mio redentore? Sarà forse un toro con volto d’uomo? O sarà come me?
Il sole della mattina brillò sulla spada di bronzo. Non restava più traccia di sangue.
“Lo crederesti, Arianna?” disse Teseo. “Il Minotauro non s’è quasi difeso.”

Jorge Luis Borges, L’Aleph

sabato 5 luglio 2008

Un Michael Moore oversize: Sicko


SICKO

Di Michael Moore, Documentario, Usa 2007, 120’

Se pensavate che la malasanità fosse un problema tutto italiano, beh, adesso potete ricredervi. E’ Michael Moore ad affermarlo con il suo “Sicko” (dall’inglese sick, malato), l’ultimo documentario antiamericano del cineasta oversize, nemico schierato di Bush. A dirla tutta, Moore ci appare ancora una volta un oversize sia fisicamente che ideologicamente; riusciamo persino a tirare un sospiro di sollievo quando ci rendiamo conto che è una fortuna vivere ed essere curati in Italia piuttosto che negli Stati Uniti. Sembra un paradosso. Che dire poi di Inghilterra e Francia, con un sistema assistenziale senza pecche? E la Cuba di Fidel? L’isola caraibica non è solamente un paradiso per turisti e per gli amanti dei sigari e tanto altro, ma possiede uno dei sistemi sanitari più efficienti del mondo. L’erba del vicino (anche quello più lontano) è, dunque, sempre più verde. Lo è soprattutto per gli americani, il cui Paese è diventato un inferno e le compagnie di assicurazione sanitaria pare abbiano firmato un patto col Diavolo pur di garantirsi guadagni miliardari a spese della salute (o meglio, delle malattie) della popolazione. A sporcarsi le mani col sangue dei cittadini non sono solo le suddette compagnie assicurative, ma soprattutto il caro Bush e tutto il suo entourage. Ma i guai seri erano cominciati con Nixon, che ha passato il testimone a Reagan e via dicendo, con una breve parentesi Clinton, svanita in una bolla di sapone. Perché? Perché un sistema sanitario gestito dallo Stato pareva, agli occhi delle masse poco vigili, il segnale inequivocabile di una pericolosissima e imminente vittoria del comunismo in America. Che paura! Dunque il sistema sanitario statunitense, complice la passività e la scarsa lungimiranza del popolo americano, come ci informa Moore, è interamente gestito da privati: la Cigna o l’Humana, sono soltanto due dei nomi più aberranti di compagnie assicurative che quotidianamente si arricchiscono alle spalle delle fasce più sfortunate della popolazione nordamericana. Per intenderci, il tasso di mortalità infantile negli Usa è più alto che in Costa Rica e l’aspettativa di vita degli americani è più bassa che in molti altri Paesi.Inoltre, in America, non si guarda in faccia a nessuno. Non conta neppure essere stato un eroe per la patria. Lo stesso ‘trattamento’ sanitario, infatti, è stato riservato ai volontari e ai soccorritori che prestarono il loro aiuto per stanare cadaveri e superstiti dalle macerie delle Torri Gemelle. Nemmeno per loro lo Stato ha avuto pietà; coi polmoni a pezzi e i debiti fino al collo, hanno dovuto aspettare che Moore li conducesse con un barca a Cuba per essere curati, praticamente gratis. E a Guantanamo, i bracci destri di Al Qaeda vengono curati con le migliori intenzioni, con le migliori attrezzature e, ovviamente, gratis. Il consiglio di Moore: non partite per gli Stati Uniti se non avete un’assicurazione sanitaria del vostro Paese. Rischiereste di pagare ben 12,000 dollari per una caviglia fratturata. E in questo caso non vi sarebbe andata poi molto male.

E.L.C.

venerdì 4 luglio 2008

Per gli alunni della III A : ecco a voi "I puffini dell'Adriatico"


So che alcuni di voi hanno cercato questi puffini per mari e per monti, in internet e sulle migliori letterature...questo è un omaggio a voi e... in bocca al lupo!

Ci vediamo domani per gli esami!


Giovanni Pascoli, I PUFFINI DELL'ADRIATICO

Tra cielo e mare (un rigo di carmino (1)
recide intorno l'acque marezzate)(2)
parlano. È un'alba cerula (3) d'estate:
non una randa (4) in tutto quel turchino.(5)

Pur voci reca il soffio del garbino (6)
con ozïose e tremule risate.
Sono i puffini (7): su le mute ondate
pende quel chiacchiericcio mattutino.

Sembra un vociare, per la calma, fioco
di marinai, ch'ad ora ad ora giunga
tra 'l fievole (8) sciacquìo della risacca (9);

quando, stagliate (10) dentro l'oro e il fuoco,
le paranzelle (11) in una riga lunga
dondolano sul mar liscio di lacca (12).



da Myricae



Vocabolario:
(1) Carmino: colore rosso, ricavato dall’ebollizione del corpo essiccato della cocciniglia, usata per miniare
(2) marezzata: variegata, che si distingue da colore diverso dal fondo, striata, venata
(3) cerula: colore del cielo, azzurro
(4) randa: vela a forma di trapezio
(5) turchino: di colore azzurro cupo, di gradazione forte
(6) garbino: vento di libeccio, chiamato così dai marinai dell’Adriatico
(7) Puffino (Puffinus): Genere di uccelli procellariformi della famiglia dei Procellaridi, il quale riunisce 14 specie comunemente note anche col nome di berte;
sono diffusi in varie zone del Mediterraneo, dell'Atlantico e del Pacifico
(8) fievole: debole, che si percepisce appena, fioco
(9) risacca: ritorno dell’onda, il frangersi delle onde sulla spiaggia, rifluire dell’onda
(10) stagliate: delineate in modo netto, che spiccano sullo sfondo
(11) paranzella: grande barca da pesca a vela latina
(12) lacca: sostanza resinosa, trasparente