sabato 21 giugno 2008

Alfonso Cuaròn e i figli degli uomini [di Elda Lo Cascio]


CHILDREN OF MEN



Dopo la regia di “Harry Potter e il prigioniero di Azkaban” (2004), il versatile regista messicano Alfonso Cuaròn si cimenta in un thriller fantascientifico, “Children of Men”, isopirato al romanzo della scrittrice inglese P.D.James. La storia è ambientata a Londra nel 2027, anno in cui il mondo è piagato da continue guerre e le donne soffrono di una malattia che porta alla sterilità. Non nasce un bambino da diciotto anni e il futuro dell’umanità è minacciato da questa nuova e orribile pandemia dalle cause inspiegabili. In un mondo in cui il caos e l’illegalità hanno avuto la meglio sull’ordine e la giustizia, l’Inghilterra rimane l’ultimo luogo di resistenza ad un nichilismo senza scampo. Il regime inglese totalitario utilizza però qualunque mezzo di repressione per combattere clandestini e rivoluzionari . In questo scenario apocalittico si muove Theo (Clive Owen, presente qui a Venezia), ex attivista dalla vita apatica, che verrà coinvolto dalla sua vecchia compagna Julian (Julianne Moore) nella difficile impresa di mettere in salvo Kee (Clare-Hope Ashitey), una giovane donna africana che porta in grembo un bimbo di otto mesi, nuovo redentore dell’umanità. Grazie anche all’aiuto dell’eccentrico Jasper (uno strepitoso Michael Caine), un hippie del nuovo millennio, Theo riuscirà a farsi garante della salvezza di quell’ indispensabile madonna nera. Pur essendo ambientato nel 2027 in un contesto futuristico, la Londra di “Children of Men” è ricostruita prendendo a modello gli scenari disumani della Palestina, dell’Iraq, della Somalia, della Bosnia, tutte terre violentate dalla guerra. Il film rimane in ogni caso difficilmente classificabile secondo i canoni usuali della schematizzazione dei generi cinematografici: è un prodotto sfaccettato in grado di porci di fronte ad un dramma di un domani che non è poi così lontano, fornendoci però una luce di speranza che ha tutto il sapore di un ammonimento. Ha detto Cuaròn ai giornalisti che hanno definito “Children of Men” un film pessimista: “La mia non è una visione pessimistica del futuro, ma piuttosto una visione realistica del presente. Per questa ragione ho usato delle icone, degli archetipi collettivi umani immediatamente comprensibili da tutti visto che, più che del futuro, volevo parlare del presente. Nel film è presente molta violenza, ma siamo stati ben attenti a non esaltarla in nessun modo. Volevamo mostrare la realtà che purtroppo è propria di alcune zone del mondo, senza mitizzarla, i personaggi, infatti, uccidono solo per difendersi e sopravvivere”.

E.L.C.

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