giovedì 15 maggio 2008

L'Oceano di latte del Nuovomondo [di Elda Lo Cascio]



In un momento in cui il tema dell'immigrazione riguarda da vicino il nostro Paese che respinge senza appello i migranti clandestini, che arrivano in Italia stipati nelle 'carrette del mare' nella speranza di lasciarsi alle spalle l'icubo della povertà, della fame, delle malattie che affliggono i loro Paesi d'origine per trovarne di peggiori, forse, nella 'terra promessa', mi viene in mente un film, quel "Nuovomondo" del romano Emanuele Crialese, che vidi due estati fa a Venezia durante la 63° Mostra Internazionale del Cinema.


La storia stavolta non riguarda gli extracomunitari di colore o dell'Est che 'invadono' (secondo un'opinione diffusa, ahinoi!) il Vecchio Mondo, ma una famiglia di contadini di Petralia, un paese delle Madonie in Sicilia, che nei primi anni del Novecento decide di emigrare in America con un’unica speranza nel cuore: quella di trovare un lavoro. Non è la gloria, né la ricerca di grandi fortune a spingere Salvatore Mancuso (Vincenzo Amato) a prendere il coraggio a piene mani e a trascinare con sé la sua famiglia attraverso le acque perigliose dell’Oceano Atlantico. A vivere quest’avventura che ha i tratti di quella dei deportati nei campi di concentramento c’è anche una misteriosa donna inglese, Lucy (Charlotte Gainsburg) o Luce, nella lingua storpiata dei siciliani. La donna è l’unico personaggio che vive e sente l’esperienza del viaggio rimanendo ancorata alla realtà. E’ l’unica straniera in una nave di emigranti italiani, è l’unica persona colta, dalla pelle chiara e luminosa. E’ l’unico personaggio che vive la solitudine. Salvatore promette di sposarla non appena giunti in America, per permetterle di essere libera. In un contesto in cui l’irrazionale e il magico diventano la norma, Lucy mantiene viva un'abbagliante razionalità. Nel Nuovo Mondo gli emigranti vengono sottoposti ad esami medici e psicologici per vagliare l’opportunità di far mischiare la “razza” americana con persone provenienti dal Vecchio Mondo. L’uomo è spaesato, confuso e ammaliato dalla nuova situazione. Sotto la doccia, con l’acqua corrente mai vista nella loro vita, le donne si fermano a guardare i loro corpi, un battesimo che spinge al nuovo, un’iniziazione alla nuova vita e allo stesso tempo un affrancamento da quella passata. Il Nuovo Mondo è arrivato e con esso la speranza della realizzazione del sogno, la speranza che le leggende su questo paese così lontano e così ricco corrispondano al vero. L’ultima sequenza di “Nuovomondo”, esteticamente perfetta a parer nostro, entrerà di diritto nella storia del cinema: il bagno surreale degli emigranti in un mare di latte, forse metafora della realizzazione del sogno, di qualcosa di mai visto e di straordinario, una nuotata in un elemento primordiale, matriarcale, che forse coincide con la speranza e che ripaga del sacrificio.
E.L.C.

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