martedì 27 ottobre 2009

La Cina secondo Gianni Amelio: "La stella che non c’è" [di Elda Lo Cascio]



A due anni da “Le chiavi di casa” Gianni Amelio ritorna nel 2006 alla regia con il lungometraggio “La stella che non c’è”, film che racconta la storia di Vincenzo Buonavolontà, un tecnico di una fabbrica italiana, che si reca in Cina per avvertire gli acquirenti della fabbrica che manca un pezzo importante nella fornace. Senza questo pezzo la fornace potrebbe diventare estremamente pericolosa. Una volta in Cina, l’uomo si trova di fronte all’impossibilità di comunicare con quel mondo caotico e sconosciuto e, compiendo un viaggio attraverso il pianeta-Cina, comincerà a riflettere su se stesso.Gianni Amelio racconta la Cina della vertiginosa esplosione capitalistica, la Shanghai che si estende a macchia d’olio con una densità di popolazione inquietante. Ha detto Amelio che il viaggio in Cina è stata un’esperienza fortissima vissuta con dei compagni ideali di viaggio come Sergio Castellitto e Tai Ling. Il film coniuga due aspetti noti della regia di Amelio, quello documentaristico quando descrive la Cina e i cinesi, e quello della finzione, la storia di Vincenzo Buonavolontà e il suo incontro con Liu, l’interprete che lo accompagnerà nel suo itinerario di scoperta. Per la prima volta nella sua carriera Gianni Amelio sostiene di essersi immedesimato nel protagonista del suo film, un personaggio colmo di tenerezza che lo ha “protetto” nei momenti di dubbio durante le riprese. Il regista ha voluto che gli occhi dell’attore coincidessero in maniera profonda con quelli della regia. Amelio guarda la Cina attraverso gli occhi di Vincenzo Buonavolontà, un Castellitto che ha dichiarato di non essersi sentito mai così amato da un regista come da Gianni Amelio in “La stella che non c’è”. E questa stella, il pezzo mancante della fabbrica ceduta ai cinesi, non rappresenta soltanto la riscoperta di una manualità operaia nella contemporanea “galassia Gutenberg”, ma il gusto e la possibilità che ognuno di noi ha di ritrovare ciò che gli manca e di cui sente il bisogno. Un film dunque scevro da ogni pessimismo, nonostante l’apparente clima di disillusione. Per chiarire qualunque fraintendimento sul senso del film, Gianni Amelio ha voluto citare il finale di “Porte aperte”, suo film precedente: “Ho fiducia, nonostante tutto”.

E.L.C.

L'articolo si trova anche su www.cinematocasa.it

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