mercoledì 28 ottobre 2009

L'Angelus Novus di Walter Benjamin attraverso Paul Klee



"C'è un quadro di Klee che s'intitola Angelus Novus. Vi si trova un angelo che sembra in atto di allontanarsi da qualcosa su cui fissa lo sguardo. Ha gli occhi spalancati, la bocca aperta, le ali distese. L'angelo della storia deve avere questo aspetto. Ha il viso rivolto al passato. Dove ci appare una catena di eventi, egli vede una sola catastrofe, che accumula senza tregua rovine su rovine e le rovescia ai suoi piedi. Egli vorrebbe ben trattenersi, destare i morti e ricomporre l'infranto. Ma una tempesta spira dal paradiso, che si è impigliata nelle sue ali, ed è cosi forte che egli non può più chiuderle. Questa tempesta lo spinge irresistibilmente nel futuro, a cui volge le spalle, mentre il cumulo delle rovine sale davanti a lui al cielo. Ciò che chiamiamo il progresso è questa tempesta".

da Walter Benjamin, Angelus Novus, Einaudi.

Il tema del doppio nel cinema – Da “Dottor Jekyll e Mr.Hyde" a “Sliding Doors” [di Elda Lo Cascio]



Come per la letteratura, il cinema non è rimasto indifferente al tema del doppio, dallo sdoppiamento della persona e dell’identità a quello, a volte meno inquietante, dello scambio dei ruoli fra persone. Eventi e personaggi, come in uno specchio, si raddoppiano e si intersecano in una realtà proteiforme dove ritrovare la propria identità è impresa piuttosto ardua.

DOTTOR JEKYLL E MR.HYDE
Dal romanzo di Robert L. Stevenson, la storia del Dottor Jekyll scienziato illustre che sperimenta su di sé una pozione da lui inventata per verificare sulla sua persona le teorie psicanalitiche sul doppio. A mezzo della pozione, Jekyll si trasforma ogni notte nel bieco Mr.Hyde, un feroce assassino di prostitute. La versione di Victor Fleming (già regista nel 1939 di “Via col vento”) è meno truce della versione del 1932 di Mamoulian, ma rimane memorabile per le sequenze in cui Jekyll elabora psicanaliticamente lo sdoppiamento della personalità attraverso i sogni deliranti dello scienziato. Spencer Tracy è il fenomenale protagonista del film sull’espressione della dualità insita nell’animo umano, sempre sospeso fra bene e male.(Di Victor Fleming con Spencer Tracy e Ingrid Bergman, horror, Usa 1941, 121 b/n)

LA DONNA CHE VISSE DUE VOLTE – VERTIGO
L’agente Ferguson (James Stewart) è a riposo perché, a causa della sua paura del vuoto, non è riuscito ad impedire la morte di un collega. Un amico di vecchia data lo contatta e gli affida il compito di sorvegliare la moglie (Kim Novak) che ha manifestato manie suicide. Ferguson accetta e pedina la donna per tutta San Francisco, scoprendone la personalità malinconica. Ma durante uno dei suoi appostamenti, Ferguson, vittima delle vertigini, non riuscirà ad impedire alla donna di buttarsi giù da un campanile. Dopo alcuni mesi dal tragico evento, un incontro casuale fra Ferguson e una donna straordinariamente somigliante alla suicida rimetterà tutto in discussione. Un film di amore e morte nello sfondo di un’onirica San Francisco dove i corpi prendono la consistenza di fantasmi, la realtà si duplica in un’atmosfera ipnotica e misteriosa. Straordinaria Kim Novak nel doppio ruolo di Madeleine/Judy.(Di Alfred Hitchcock con James Stewart e Kim Novak, thriller, Usa 1958, 128’)

INSEPARABILI
Elliot e Beverley Mantley (Jeremy Irons) sono due gemelli, affermati ginecologi. I due hanno caratteri diversi: l’uno ci sa fare con le donne, l’altro non proprio. Fisicamante sono però due gocce d’acqua. Questa assoluta somiglianza verrà usata dai due per metter in atto un gioco perverso di seduzione ai danni di Claire, dapprima paziente e amante di Elliot e poi di Beverley, ignara dello scambio. Uno dei migliori film di Cronenberg, in cui il tema dello scambio di identità anticipa lungometraggi in cui il doppio diventa invece sdoppiamento dell’identità di un solo individuo, come in “MButterfly” con Jeremy Irons o nel recentissimo “A history of violence” con Viggo Mortensen. “Inseparabili” è ispirato alla storia vera dei gemelli Steven and Cyril Marcus, suicidatisi entrambi con dei barbiturici nell’Upper East Side di Manhattan negli anni ’70.(Di David Cronenberg con Jeremy Irons, drammatico, Can 1988, 111’)

LA DOPPIA VITA DI VERONICA
Kieslowski ha caro il tema dei destini incrociati e delle vite parallele che, inconsapevoli le une delle altre, vivono gli stessi eventi e si ricongiungono attraverso un filo invisibile, come se le trame della nostra esistenza fossero già predisposte da Qualcun altro e attendessero soltanto di essere messe in atto da noi, ignari protagonisti. A Cracovia vive Veronika, una ventenne dalla voce bellissima. Veronika vive per il canto e morirà cantando durante un’esibizione in pubblico per via del suo debole cuore. Véronique è francese, ma è identica a Veronika e soffre della sua stessa patologia cardiaca. Per uno scherzo del destino Véronique abbandona il canto e si rifugia nell’amore, scampando così al tragico destino del suo alter ego polacco. Iréne Jacob, nel doppio ruolo di Veronika e Véronique, è stata premiata a Cannes nel 1991 come Miglior Attrice Protagonista.(Di Krzysztof Kieslowski con Irène Jacob, drammatico, Pol/Fra 1991, 98’)


FACE/OFF
Lo sdoppiamento della personalità attraverso il cambiamento dell fattezze fisiche. Sean Archer (John Travolta), agente dell’FBI, si trova di fronte a Castor Troy (Nicolas Cage), un pericoloso terrorista che gli ha ucciso il figlio in un’azione precedente. Quando il terrorista entra in coma, Sean ne approfitta e grazie ad un intervento chirurgico riesce a prendere le sembianze del criminale per tentare di neutralizzare la bomba da lui innescata. Ma il criminale si risveglia e prende il posto di Sean a lavoro e in famiglia. Il fascino di “Face/Off” consiste soprattutto nelle scene d’azione in cui il regista Jon Woo riesce a dare il meglio di sé grazie a due interpreti d’eccezione come John Travolta e Nicolas Cage, intrappolati in uno sdoppiamento di personalità che ha tutto il sapore della vendetta.(Di Jon Woo con Nicolas Cage e John Travolta, azione, Usa 1997, 137’)

SLIDING DOORS
Due film in uno. Due epiloghi diversi sulla base di scelte diverse. Tutto ciò che ci accade è conseguenza di una nostra azione, più o meno inconsapevole. Tutto accade per caso, o meglio, per volere del Caso. Le porte scorrevoli della metropolitana di Londra fanno da spartiacque per i destini paralleli vissuti da Helen (Gwyneth Paltrwow) nella stessa giornata. Cosa accadrebbe alla bella Helen se invece di tornare a casa in anticipo dopo essere stata licenziata, avesse perso del tempo? Non avrebbe trovato il fidanzato a letto con un’altra e per lei sarebbe stata tutta un’altra storia… Il film si ispira a “Destino cieco” (1987) del regista polacco Krzysztof Kieslowski. (Di Peter Howitt con Gwyneth Paltrow, commedia, Gbr 1998, 99’)

E.L.C.

L'articolo è anche su www.cinematocasa.it

martedì 27 ottobre 2009

La Cina secondo Gianni Amelio: "La stella che non c’è" [di Elda Lo Cascio]



A due anni da “Le chiavi di casa” Gianni Amelio ritorna nel 2006 alla regia con il lungometraggio “La stella che non c’è”, film che racconta la storia di Vincenzo Buonavolontà, un tecnico di una fabbrica italiana, che si reca in Cina per avvertire gli acquirenti della fabbrica che manca un pezzo importante nella fornace. Senza questo pezzo la fornace potrebbe diventare estremamente pericolosa. Una volta in Cina, l’uomo si trova di fronte all’impossibilità di comunicare con quel mondo caotico e sconosciuto e, compiendo un viaggio attraverso il pianeta-Cina, comincerà a riflettere su se stesso.Gianni Amelio racconta la Cina della vertiginosa esplosione capitalistica, la Shanghai che si estende a macchia d’olio con una densità di popolazione inquietante. Ha detto Amelio che il viaggio in Cina è stata un’esperienza fortissima vissuta con dei compagni ideali di viaggio come Sergio Castellitto e Tai Ling. Il film coniuga due aspetti noti della regia di Amelio, quello documentaristico quando descrive la Cina e i cinesi, e quello della finzione, la storia di Vincenzo Buonavolontà e il suo incontro con Liu, l’interprete che lo accompagnerà nel suo itinerario di scoperta. Per la prima volta nella sua carriera Gianni Amelio sostiene di essersi immedesimato nel protagonista del suo film, un personaggio colmo di tenerezza che lo ha “protetto” nei momenti di dubbio durante le riprese. Il regista ha voluto che gli occhi dell’attore coincidessero in maniera profonda con quelli della regia. Amelio guarda la Cina attraverso gli occhi di Vincenzo Buonavolontà, un Castellitto che ha dichiarato di non essersi sentito mai così amato da un regista come da Gianni Amelio in “La stella che non c’è”. E questa stella, il pezzo mancante della fabbrica ceduta ai cinesi, non rappresenta soltanto la riscoperta di una manualità operaia nella contemporanea “galassia Gutenberg”, ma il gusto e la possibilità che ognuno di noi ha di ritrovare ciò che gli manca e di cui sente il bisogno. Un film dunque scevro da ogni pessimismo, nonostante l’apparente clima di disillusione. Per chiarire qualunque fraintendimento sul senso del film, Gianni Amelio ha voluto citare il finale di “Porte aperte”, suo film precedente: “Ho fiducia, nonostante tutto”.

E.L.C.

L'articolo si trova anche su www.cinematocasa.it

Bocca di rosa nella versione siciliana di Mario Incudine



Mario Incudine ricrive il mito!
Attenzione a questo giovane artista siciliano...un talento!

venerdì 23 ottobre 2009

Walking around - Omaggio a Pablo Neruda



Walking Around

Sucede que me canso de ser hombre.
Sucede que entro en las sastrerías y en los cines
marchito, impenetrable, como un cisne de fieltro
Navegando en un agua de origen y ceniza.
El olor de las peluquerías me hace llorar a gritos.
Sólo quiero un descanso de piedras o de lana,
sólo quiero no ver establecimientos ni jardines,
ni mercaderías, ni anteojos, ni ascensores.
Sucede que me canso de mis pies y mis uñas
y mi pelo y mi sombra.
Sucede que me canso de ser hombre.
Sin embargo sería delicioso
asustar a un notario con un lirio cortado
o dar muerte a una monja con un golpe de oreja.
Sería bello
ir por las calles con un cuchillo verde
y dando gritos hasta morir de frío
No quiero seguir siendo raíz en las tinieblas,
vacilante, extendido, tiritando de sueño,
hacia abajo, en las tapias mojadas de la tierra,
absorbiendo y pensando, comiendo cada día.
No quiero para mí tantas desgracias.
No quiero continuar de raíz y de tumba,
de subterráneo solo, de bodega con muertos
ateridos, muriéndome de pena.
Por eso el día lunes arde como el petróleo
cuando me ve llegar con mi cara de cárcel,
y aúlla en su transcurso como una rueda herida,
y da pasos de sangre caliente hacia la noche.
Y me empuja a ciertos rincones, a ciertas casas húmedas,
a hospitales donde los huesos salen por la ventana,
a ciertas zapaterías con olor a vinagre,
a calles espantosas como grietas.
Hay pájaros de color de azufre y horribles intestinos
colgando de las puertas de las casas que odio,
hay dentaduras olvidadas en una cafetera,
hay espejos
que debieran haber llorado de vergüenza y espanto,
hay paraguas en todas partes, y venenos, y ombligos.
Yo paseo con calma, con ojos, con zapatos,
con furia, con olvido,
paso, cruzo oficinas y tiendas de ortopedia,
y patios donde hay ropas colgadas de un alambre:
calzoncillos, toallas y camisas que lloran
lentas lágrimas sucias.

Pablo Neruda

Succede che mi stanco di essere uomo
Succede che entro nelle sartorie e nei cinema
avvizzito, impenetrabile, come un cigno di feltro
che naviga in un’acqua di origine e di cenere.

L’odore dei barbieri mi fa piangere e stridere
Voglio solo un riposo di ciottoli o di lana
Non voglio più vedere stabilimenti e giardini
Mercanzie, occhiali e ascensori.

Succede che mi stanco dei miei piedi e delle mie unghie
E dei miei capelli e della mia ombra
Succede che mi stanco di essere uomo.

Tuttavia sarebbe delizioso
Spaventare un notaio con un giglio reciso
O dar morte a una monaca con un colpo d’orecchio.
Sarebbe bello andare per le vie con un coltello verde
E gettar grida fino a morir di freddo.

Non voglio essere più radice nelle tenebre,
barcollante, con brividi di sonno, proteso all’ingiù,
nelle fradice argille della terra
assorbendo e pensando, mangiando tutti i giorni.

Non voglio per me tante disgrazie
Non voglio essere più radice e tomba
Sotterraneo deserto, stiva di morti,
intirizzito, morente di pena.

E perciò il lunedì brucia come il petrolio
Quando mi vede giungere col mio volto di carcere
E urla nel suo corso come ruota ferita
E muove passi di sangue caldo verso la notte.

E mi spinge in certi angoli, in certe case umide,
in ospedali dove le ossa escono dalla finestra,
in certe calzolerie che puzzano d’aceto
in strade spaventose come crepe.

Vi sono uccelli color zolfo e orribili intestini
Appesi alle porte delle case che odio,
vi sono dentiere dimenticate in una caffetteria
vi sono specchi
che avrebbero dovuto piangere di vergogna e spavento,
vi sono ombrelli dappertutto e veleni e ombelichi.
Io passeggio con calma, con occhi, con scarpe,
con furia, con oblio
passo attraverso uffici e negozi ortopedici
e cortili con panni tesi a un filo metallico:
mutande, camicie e asciugamani che piangono
lente lacrime sporche.

Il finale de "La doppia vita di Veronica" (1991) di Kristof Kieslowski

Il nuovo film di animazione Disney-Pixar: UP! in 3D



Presentato in anteprima allo scorso Festival del Cinema di Cannes, è uscito nelle sale "UP!",ultimo capolavoro Disney-Pixar in 3D!

giovedì 22 ottobre 2009

Il labirinto nella sua forma attuale: il rizoma


Ogni epoca elabora e ricostruisce labirinti, alcune forme permangono, altre scompaiono.
Alla forma del labirinto cretese se ne sono affiancate altre che da quella hanno tratto il proprio humus.
La forma si adatta ai mutati e mutevoli bisogni della società, a nuove esigenze di “senso”.
L’età contemporanea frammenta le forme e le sovrappone senza più possibilità di scorgervi un’entrata e un’ uscita, un senso di percorrenza, un centro che sia immobile, un dentro e un fuori.
La società odierna ha prodotto i rizomi di cui parlano Deleuze e Guattari e di cui Eco ha fornito un’affascinante definizione: “(…) il rizoma, o la rete infinita, dove ogni punto può connettersi ad ogni altro e la successione delle connessioni non ha termine teorico perché non esiste più un esterno o un interno: in altri termini, il rizoma può proliferare all’infinito. Inoltre potremmo immaginarlo come una palla di burro, senza confini, all’interno della quale posso perforare senza troppa fatica una parete che separa due condotti creando per ciò stesso un nuovo condotto. Il che equivale a dire che nel rizoma anche le scelte sbagliate producono soluzioni e insieme contribuiscono a complicare il problema. Se anche una Mente può aver pensato il rizoma, non ne avrà però pensata e stabilita in anticipo la struttura. Il rizoma è come un libro in cui ogni lettura cambi l’ordine delle lettere e produca un nuovo testo”.
E.L.C.

Cit. da Umberto Eco, Prefazione a Paolo Santarcangeli, Il libro dei labirinti, pp. XIII-XIV.

mercoledì 21 ottobre 2009

L'assurdo non sono le cose...- ainda Cortàzar



"Ma certo - disse Oliveira - Chi te lo nega? ma quel che non capiamo è per quale ragione deve capitare così, per quale ragione noi siamo qui e fuori sta piovendo. L'assurdo non sono le cose, l'assurdo è che le cose siano lì e noi le si senta assurde. A me sfugge la relazione fra me e quel che mi sta capitando in questo momento. Non ti nego che mi stia capitando. Altroché, mi capita. E questo è l'assurdo".

Da Julio Cortàzar, "Il gioco del mondo" [Rayuela]

Gracias a la vida - Tributo a Mercedes Sosa (1935-2009)




Gracias a la vida, que me ha dado tanto.
Me dio dos luceros, y cuando los abro,
perfecto distingo lo negro del blanco,
y en el alto cielo su fondo estrellado,
y en las multitudes al hombre que yo amo.
Gracias a la vida, que me ha dado tanto.
Me ha dado el odo que, en todo su ancho,
graba noche y da ros y canarios
martillos, turbinas, ladridos, chubascos,
y la voz tan tierna de mi bien amado.
Gracias a la vida, que me ha dado tanto,
me ha dado el sonido y abecedario.
Con l las palabras que pienso y declaro,
"padre,", "amigo," "hermano," y est alumbrando
la ruta del alma del que estoy amando.
Gracias a la vida, que me ha dado tanto.
Me ha dado la marcha de mis pies cansados.
Con ellos anduve ciudades y charcos,
valles y desiertos, montaas y llanos,
y la casa tuya, tu calle y tu patio.
Gracias a la vida que me ha dado tanto
Me dio el corazn, que agita su marco.
Cuando miro el fruto del cerebro humano,
cuando miro al bueno tan lejos del malo.
Cuando miro el fondo de tus ojos claros.
Gracias a la vida que me ha dado tanto.
Me ha dado la risa, me ha dado el llanto.
As yo distingo dicha de quebranto,
todos materiales que forman mi canto,
y el canto de ustedes que es es mismo canto.
y el canto de ustedes que es mi propio canto

mercoledì 14 ottobre 2009

Insensatez - Omaggio ad Antonio Carlos Jobim



INSENSATEZ
A insensatez
Que você fez
coração mais sem cuidado
Fez chorar de dor
o seu amor um amor
tão delicado
Ah porque você
foi fraco assim
assim tão desalmado
Ah, meu coração
quem nunca amou
não merece ser amado
Vai meu coração
ouve a razão
usa só sinceridade
Quem semeia vento,
diz a razão,
colhe sempre tempestade
Vai meu coração
pede perdão
perdão apaixonado
Vai porque quem não
pede perdão
não é nunca perdoado

martedì 6 ottobre 2009

Una storia di cronopios da Julio Cortàzar



"Come va, Lòpez"

Un signore incontra un amico e lo saluta, gli stringe la mano e fa un leggero cenno con il capo.
È così che crede di averlo salutato, ma il saluto è già stato inventato e il signore educato non fa che calzare il saluto.
Piove. Un signore si rifugia sotto un portone. Quasi mai i signori come lui sanno che in fin dei conti sono scivolati su un toboga prefabbricato dalla prima goccia di pioggia al primo portone. Un umido toboga di foglie fradice.
E i gesti dell’amore, questo dolce museo, questa galleria di figure di fumo. Si consoli la tua vanità: la mano di Antonio cercò quel che cerca la tua mano, e né la sua né la tua cercavano qualcosa che non sia già stato trovato fin dall’eternità. Ma le cose invisibili hanno bisogno di incarnarsi, le idee cadono a terra come colombe morte.
Ciò che è veramente nuovo fa paura o meraviglia.
Queste due sensazioni ugualmente vicine alla bocca dello stomaco accompagnano sempre la presenza di Prometeo; quel che resta è la comodità, quel che riesce sempre più o meno bene; i verbi attivi contengono il repertorio completo.
Amleto non dubita: cerca la soluzione autentica e non il portone di casa o le vie già percorse – nonostante tutte le scorciatoie e i crocicchi che offrono.
Vuole la tangente che incrina il mistero, la quinta foglia del trifoglio. Fra il sì e il no, quale infinita rosa dei venti. I principi di Danimarca, falchi che scelgono la morte per fame piuttosto che cibarsi di carne morta.
Quando le scarpe stringono, buon segno. C’è qualcosa che cambia, qualcosa che ci mostra, che sordamente ci pone, ci imposta. Per questo i mostri sono tanto popolari e i giornali vanno in estasi per un vitello bicefalo. Quale opportunità, quale abbozzo di gran salto verso l’altro!
Guarda chi si vede.
- Come va, Lòpez?
- Come va, carissimo?
È così che credono di essersi salutati.

Da Julio Cortàzar, Storie di cronopios e di famas

lunedì 5 ottobre 2009

Un viaggio nell'universo cinema: saltellando da “I quattrocento colpi” a “Billy Elliot” [di Elda Lo Cascio]



I QUATTROCENTO COLPI
Il primo lungometraggio di Truffaut ed anche il primo dei film incentrati sul personaggio di Antoine Doinel, interpretato da Jean-Pierre Léaud attore feticcio e alter ego del regista francese. Antoine è un ragazzino ribelle, incompreso e solo, marina la scuola, compie dei piccoli furti con un gruppo di amici, finchè non è sorpreso a rubare una macchina da scrivere e viene rinchiuso in riformatorio. Il ragazzo non potrà fare a meno di evadere dalla prigione, correndo da solo verso un orizzonte di libertà e redenzione. "I quattrocenti colpi" è uno dei film su cui si è fondata la nouvelle vague francese, nonché un atto d´amore verso la vita, come ebbe a dire Truffaut a proposito di questo film. Gran Premio speciale della Giuria a Cannes nel 1959.(Di François Truffaut con Jean-Pierre Léaud, drammatico, Francia 1959, 93´ b/n)

CENTRAL DO BRASIL
Orso d´oro al Festival del Cinema di Berlino e Oscar come Miglior Film Straniero nel 1997, "Central do Brasil" è un road movie incentrato sulla solidarietà fra i due protagonisti che non scade mai nel patetico. Dora è un´ex-insegnante che arrotonda il salario scrivendo lettere per gli altri. Lo fa anche per Ana e suo figlio Josuè. Quando Ana muore in un incidente, Josuè e Dora partono alla ricerca del padre che il bambino non ha mai conosciuto. Nel viaggio dei due, lo sguardo disincantato di un bimbo che dalla vita ha avuto poco, ma che della vita sa prendere la parte migliore.(Di Walter Salles con Vinicius De Oliveira, drammatico, Brasile 1997, 110´)

BILLY ELLIOT
Billy Elliot, un ragazzino di undici anni, vive in una città dell´Inghilterra del Nord in lotta continua contro i proprietari delle miniere. Il padre di Billy è un minatore, così come suo fratello. Tutti, nella sua città, fanno questo mestiere. Ma Billy è attratto dalla danza classica e la sua aspirazione è quella di diventare un eccellente ballerino. Per la famigliaaccetterà malvolentieri la notizia della passione di Billy. Jamie Bell, il giovanissimo protagonista del film, è stato realmente oggetto di scherno da parte dei suoi coetanei quando a scuola ha cominciato a interessarsi alla danza, proprio come il personaggio che ha interpretato in "Billy Elliot". In origine il titolo del film doveva essere "Dancer", cioè "Ballerino".(Di Stephen Daldry con Jamie Bell, commedia/drammatico, Gbr 2000, 110´)


VALENTIN
A Buenos Aires vive il piccolo Valentin con la nonna che lo ha cresciuto da quando aveva tre anni. La madre di Valentin era andata via di casa, affidandole il bambino. Il ragazzino, a nove anni, decide di essere abbastanza grande per saperne di più sulla scomparsa della madre, ma nessuno ha intenzione di rivelargli il passato. Valentin, che nutre il sogno di diventare un astronauta, decide allora di concentrare tutte le sue energie su un rigido allenamento.Tutte le scene del film sono commentate dalla voce fuori campo del piccolo protagonista che elargisce bizzarre metafore sul mondo e sulle persone. Per il ruolo di Valentin sono stati fatti provini a più di trecento bambini.(Di Alejandro Agresti con Rodrigo Noya e Carmen Maura, commedia, Arg/Spa 2002, 86´)

IO NON HO PAURA
La vita vista con gi occhi dei bambini dove lo sguardo sulla vigliaccheria e la crudeltà degli adulti risulta impietoso. La storia è quella di Michele che, in un piccolo paese della Basilicata, scopre un´atroce verità: gli adulti del villaggio tengono segregato in un pozzo un ragazzino. Sarà Michele a prendersi cura di Filippo, finché non scoprirà che Filippo si trova lì perché è stato rapito."Io non ho paura" è tratto dal romanzo omonimo di Niccolò Ammaniti che ha firmato anche la sceneggiatura. Mattia Di Pierro, che interpreta Filippo, ha detto che per lui quel pozzo rappresentava la tristezza e la solitudine.(Di Gabriele Salvatores con Mattia Di Pierro, drammatico, Italia 2003, 104´)

Elda Lo Cascio

In the mood for love (unofficial trailer)



Estetismo puro ad opera di Wong Kar-Wai.

sabato 3 ottobre 2009

Nostalgia del presente di Jorge Luis Borges



In quel preciso momento l’uomo si disse:
che cosa non darei per la gioia
di stare al tuo fianco in Islanda
sotto il gran giorno immobile
e condividerlo adesso
come si condivide la musica
o il sapore di un frutto.
In quel preciso momento
l’uomo le stava accanto in Islanda

Jorge Luis Borges

giovedì 1 ottobre 2009

Le conseguenze dell'amore [di Elda Lo Cascio]













Di Paolo Sorrentino
Con Toni Servillo, Raffaele Pisu, Olivia Magnani
Drammatico, Ita 2004, 100’


E’ ambientato a Lugano “Le conseguenze dell’amore”, il secondo lungometraggio del regista napoletano Paolo Sorrentino presentato a Cannes nel 2004.
Il protagonista è Titta Di Girolamo (Toni Servillo), un uomo di cinquant’anni dal nome frivolo, ma con una vita, a suo dire, noiosa. Di Girolamo vive da quasi dieci anni in Svizzera, lontano dalla famiglia, fa uso di eroina una volta la settimana (ma non per questo si definisce un drogato), appartiene alla “setta” degli insonni. A interrompere la routine quotidiana ci sono le cene con gli ex proprietari dell’albergo, ormai caduti in disgrazia, gli sguardi della bella barista dell’hotel (Olivia Magnani), di cui Titta si innamora, e l’arrivo periodico di una valigia il cui contenuto viene depositato da Di Girolamo in persona in una banca svizzera.
Alla prima parte del film, incentrata sulla vita del protagonista e sulla sua monotona routine quotidiana, fa da contraltare la seconda, più dinamica, in cui irrompe nella vita di Titta la malavita organizzata per cui presta “servizio” da anni. A metterlo nei guai sarà l’amore (o ciò che Di Girolamo pensa di provare) per la barista, della cui vita Titta in realtà non conosce nulla, ma che l’uomo vuol conquistare o “comprare” (come gli rimprovera lei in un dialogo davanti ad un’automobile da centomila dollari) con regali e denaro.
In un mondo fatto di solitudine, di gesti meccanici e ripetitivi, in cui l’assenza di un dialogo vero segna inevitabilmente le vite dei protagonisti, l’unico modo che Titta conosce per relazionarsi con gli altri è quello che ha imparato lavorando per la malavita.
La sottrazione di denaro sporco verrà pagato a caro prezzo da Titta Di Girolamo, che subirà le conseguenze della propria ontologica incapacità di amare autenticamente: ma sarà proprio perdendo la vita che Di Girolamo, paradossalmente, riuscirà a riappropriarsene.

Elda Lo Cascio (1/10/2009)

Il finale di "Io e Annie" di Woody Allen



Una spiegazione del tutto "razionale" al perchè esistano i rapporti (del tutto irrazionali) fra uomini e donne!